Alla meta degli anni '90 la Soprintendenza per i Beni Archeologici di Sassari e Nuoro fu contattata da un privato cittadino che si trovava in vacanza in un villaggio turistico a Porto Ottiolu per segnalare un reperto archeologico in mare. Il signore, facendo il bagno davanti alla spiaggia del villaggio, aveva visto affiorare dalla sabbia la bocca di un grande vaso di terracotta; spostando leggermente con le mani la sabbia attorno all'imboccatura, si scorgeva il resto del vaso, sistemato quasi in verticale. Si trattava di un grande vaso di epoca romana, chiamato dolium (dolio), che serviva per conservare e per trasportare merci come il vino o l'olio. Con grande precisione, il signore mandò alla Soprintendenza una lettera, alcune fotografie e un disegno che mostrava la spiaggia con la posizione dell'isoletta di fronte e ii punto dove era il dolio, conservato a circa 3 metri di profondità. I tecnici della Soprintendenza fecero un sopralluogo e accertarono che II vaso era autentico; cosi Si avviarono la pratica di vincolo e quella per pagare al signore il premio di rinvenimento, che spetta per legge a chi segnala un reperto archeologico, senza danneggiarlo.
Ma cosa ci faceva un grande vaso di eta romana in acqua davanti alla spiaggia di Porto Ottiolu?
Per sciogliere
questo dubbio, net
2001 la Soprintendenza elaboro
un progetto e
chiese i fondi
at Ministero per realizzare
una campagna di
scavo subacqueo in
varie località, tra
cui Porto Ottiolu.
I fondi furono concessi
e cosi nel
mese di giugno
del 2003, con l'aiuto
di una ditta privata specializzata negli
scavi archeologici subacquei
e con la
presenza quotidiana del
personale subacqueo interno, si è potuta
realizzare la prima
campagna di scavi
subacquei a Porto
Ottiolu.
Bisogna dire che, data la bassa profondità del sito e vista la presenza di numerosi bagnanti, un importante aiuto ai lavori, sia per la sicurezza dei bagnanti, sia per la tutela dei reperti archeologici che potevano facilmente essere rubati, e stato dato dalla Guardia Costiera Ausiliaria di Porto Ottiolu, che ha assistito ai lavori e continua a vigilare sull'area anche dopo la fine dello scavo.
Con l'aiuto di una sorbona ad acqua, una specie di grande aspirapolvere formato da un compressore collegato ad un tubo sott'acqua che aspira la sabbia del fondo e la ributta ad una certa distanza dallo scavo, si è visto che non si trattava di un singolo oggetto, ma di un vero e proprio giacimento archeologico subacqueo.
Togliendo la
sabbia, sono emerse
grandi lastre di
marmo, frammenti di lastre
spezzate dello stesso
marmo di vane
misure, e molti
frammenti di vasi
uguali a quell°
che aveva ritrovato il
signore, sistemati come
se fossero crollati
verso la spiaggia.
La perfezione delle
lastre, tagliate in
maniera impeccabile e
ben lisciate, in
un primo momento aveva
fatto pensare che
potessero essere moderne;
ma il fatto
che si trovano
insieme ai vasi
romani e il confronto
con altre lastre
di epoca romana,
altrettanto ben fatte,
hanno fatto capire
che sia i vasi
che le
lastre sono della
stessa età ed
appartengono al carico
di una nave
(non ancora ritrovata)
che stava viaggiando lungo
le coste della
Sardegna nord-orientale.
Su uno dei vasi recuperati nello scavo si e potuto leggere, abbreviato, un nome; era uso di imprimere con dei timbri sull'argilla ancora fresca dei vasi le sigle dei proprietari delle tenute che producevano il vino o olio trasportato (o altra merce). Queste famiglie erano spesso anche proprietarie delle fornaci che producevano i vasi e potevano essere proprietarie pure delle grandi navi per esportare i loro prodotti da un capo all'altro del Mediterraneo.
Dallo studio dei materiali, ancora in corso, si è potuto datare ii giacimento al I secolo dopo Cristo. II tipo di marmo delle lastre e il cosiddetto bardiglio e proviene dalle cave delle Alpi Apuane, che vennero sfruttate dai Romani a partire dall' eta di Augusto, tra la fine del I secolo avanti Cristo e l'inizio del I secolo dopo Cristo, e per tutta I' epoca imperiale. Le lastre dovevano servire a decorare un grande monumento, un edificio pubblico, un tempio, o anche un monumento funerario privato; ii prosieguo degli studi potra chiarire la destinazione di questi materiali, che probabilmente non dovevano essere scaricati a Porto Ottiolu, ma in un centro urbano, come Olbia, o in un altro sito lungo le coste sarde dotato di attre77ature portuali per poter movimentare un carico cosi pesante.
Lo scavo del 2003 di Porto Ottiolu e durato due settimane;
si ê dovuto sospendere sia per problemi di fondi (bisognava intervenire su altri siti subacquei nella provincia di Nuoro) sia per l'avanzare
della stagione estiva. La presenza della barca appoggio a breve distanza dalla spiaggia e il rumore lei motori (ii compressore per la sorbona, ii compressore per ricaricare le bombole d'aria) creavano troppi disagi ai bagnanti. Certamente, bisognerà riprendere le ricerche, magari in una stagione diversa (autunno o inizio primavera), sia per documentare per intero ii giacimento archeologico, che sicuramente continua sotto la sabbia verso la riva, sia per controllare se si sia conservata parte della nave. CERTO CHE DIPENDE DALLA SOVRAINTENDENZA DI SASSARI MA PRESUMO CHE UN INTERVENTO DEL COMUNE DI BUDONI POSSA IN QUALCHE MANIERA "SMUOVERE LE ACQUE".
MATERIALE GENTILMENTE CONCESSO DAL COMANDANTE GUARDIA COSTIERA AUSILIARIA DI PORTO OTTIOLU LORENZO MICHIELI.