BUDONI: La sete del sapere: l’acqua di rose.

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Il 9 febbraio Abbanoa, in un comunicato stampa, rendeva nota la sospensione dell’erogazione dell’acqua nel Paese di Budoni a causa dell’eccessiva torbidità dell’acqua grezza pervenuta dalle condotte del Consorzio di Bonifica.

Il Consorzio di Bonifica da parte sua comunicava che tale disservizio è stato causato dalla rottura di una condotta e che il loro intervento è stato immediato, il problema perciò dal canto loro è stato risolto.

Riparata dunque la condotta incriminata, il consorzio ha ripreso a pompare l’acqua grezza, ma a questo punto il problema si è riversato sul potabilizzatore di Budoni, che andava a ricevere l’acqua con una percentuale di torbidità eccessiva e con presenze di manganese e ferro superiori rispetto ai parametri imposti per legge;

Il potabilizzatore così, subì prima un depotenziamento del 50%, arrivando in seguito al blocco totale; infatti, i filtri dello stesso non furono  in grado di purificare l’acqua in maniera adeguata.

Gli operai di Abbanoa sono stati obbligati, perciò, ad intervenire in prima battuta proprio sui filtri del potabilizzatore, effettuando una pulizia degli stessi con l’utilizzo di detergenti specifici, successivamente sono dovuti intervenire sulla purificazione della stessa acqua con trattamenti un po’ più spinti, eliminando così l’eccessiva torbidità ma di fatto donando all’acqua una tonalità  inusuale: rosa.

 

Il 10 febbraio, decine di famiglie di Budoni, già alle prime ore del mattino, aprendo i rubinetti, hanno visto uscire acqua di un colore rosa, forse bello da vedere ma tutt’altro che rassicurante.

La maggioranza dei cittadini per tutta la mattinata si è astenuta dal suo utilizzo, preferendo far ricorso alla ben più costosa acqua minerale del supermercato.

 

Un cittadino da noi intervistato si sfoga dicendo: “Abbiamo  visto in passato acqua di tanti i colori sgorgare dai nostri rubinetti:

color terra, color ruggine, color piscio e pure color merda, ma un colore rosa non l’avevo mai visto”.

 

Per tutta la giornata di ieri i Budonesi hanno continuato ad arrovellarsi il cervello, per capire cosa abbia alterato la “nostra” acqua conferendogli quel colore così delicato, oramai ribattezzata dai Budonesi “ L’acqua di rose”.

 

Spinto da tale richiesta e dalla mia innata curiosità, ho deciso di andare a fondo alla vicenda.

Intervistando un esperto in materia mi fa un excursus sulla depurazione delle acque grezze per divenire in fase finale “potabile”:

“allora, le sostanze che devono essere rimosse durante il trattamento di potabilizzazione possono essere di origine naturale o antropica; il primo tipo comprende:

ferro e manganese presenti nell'acqua di origine profonda come fiumi, laghi e dighe e questo è il vostro caso;

Il secondo tipo comprende metalli pesanti e  forma di vita microbiologica come: plancton, benthos, miceti, protozoi, batteri etc.

 

La sequenza dei processi di potabilizzazione di norma adottata, deve essere progettata per garantire all'acqua trattata idonee caratteristiche:

la prima è quella organolettica, poi quella fisica, e in particolare quella chimico-biologica: come la durezza, la salinità, il carico organico e la vita microbiologica che va regolata tramite un disinfettante.

Le acque potabilizzate vengono immesse in un serbatoio di testata da cui ha origine il sistema di adduzione idrico - potabile”.

 

Una volta apprese queste nozioni mi sono fatto una scampagnata al potabilizzatore di Budoni, che si trova nella parte alta del paese (“sa zona e Satta”) cercando il responsabile della struttura ma ahimè non era in sede, però mentre curiosavo (dall’esterno) ho intravvisto tre grandi portoni, nei quali in ciascuno di essi era esposto un cartello identificativo (vedesi foto), Acido cloridrico, Biossido di cloro e infine Clorito di sodio, si presuppone quindi che questi tre elementi siano quelli più utilizzati dalla struttura per rendere la nostra acqua potabile, ma ho scoperto che non è così semplice come appare, infatti, le procedure per rendere l’acqua potabile sono svariate e talvolta complesse, il dosaggio è sempre diverso in base all’acqua grezza che arriva dal Consorzio di Bonifica;

 

Ma allora cosa è successo all’interno del potabilizzatore che ci ha regalato questo bel colore rosa?

La spiegazione può essere dedotta solo dai libri di chimica.

(è un po’ noiosa ma è l’unico modo per capire):

 

Tutto parte da due trattamenti “Deferrizzazione e Demanganizzazione”:

 

Questi trattamenti rientrano tra i trattamenti chimici semplici e servono ad eliminare gli ioni solubili di ferro (Fe2+) e manganese (Mn2+) che conferiscono all'acqua un colore giallo-rossastro, ne sanno qualcosa le nostre madri o mogli che è causa loro si trovano macchie e aloni su biancheria, sanitari, elettrodomestici etc.


Gli ioni ferrosi e manganosi sono presenti principalmente nelle acque profonde povere di ossigeno.
In presenza di ossigeno, o altro ossidante, si ha la formazione di idrossidi insolubili che precipitando intorbidiscono l'acqua conferendogli un colore che può variare da giallo paglierino fino a rosso-marrone e si depositano sulle pareti interne delle tubazioni ostruendole.

I ferrobatteri, utilizzando il ferro precipitato come fonte energetica, proliferano formando una gelatina di colore rossastro sulla superficie interna dei tubi che ingrossandosi può ulteriormente aggravare l'intasamento delle tubazioni.

 

In definitiva la colorazione della nostra “acqua di rose” è imputabile sostanzialmente a questi due trattamenti, che in una fase intermedia della lavorazione, dove l’acqua dal marrone e passata al rosso e infine con il trattamento ha reso la colorazione sempre più chiara fino ad arrivare alla oramai mitica “acqua di rose”, che come Cenerentola a mezzanotte  è andata via.