Il “Sardegna pride” per un’isola friendly

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Per il terzo anno consecutivo la Sardegna celebra con una grande manifestazione la giornata dei diritti degli omosessuali e dei transessuali.

E lo fa esattamente a 45 anni da quel 28 giugno 1969, quando a New York, gay, lesbiche e trans, si ribellarono per la prima volta all’ennesima retata della polizia nel bar Stonewall Inn.

Una rivolta in piena regola alla quale seguirono tre giorni di guerriglia urbana.

Una rivolta che portò alla luce della società benpensante americana, ancora alle prese con le questioni razziali, anche il problema dell’omofobia.

 

Per questo anche l’assessore regionale alla Pubblica istruzione Claudia Firino e la direttrice didattica Maria Paola Curreli presenzieranno ufficialmente all’ evento del 28 Giugno ad Alghero e non sarà una «sfilata di carnevale», per dirla come quelli che quando si parla di omosessualità storcono il naso.

E non sarà nemmeno «la festa dei gay», per usare un’espressione comune persino a chi è tollerante o indifferente alla questione.

«Il Pride Sardegna – spiegano gli organizzatori, va considerato a tutti gli effetti, una manifestazione politica».

Ed è realmente così, perché saranno i diritti dei cittadini al centro dei convegni, delle proiezioni di film, dei reading e degli spettacoli che nei prossimi giorni animeranno Sassari e la città catalana.

 

Appuntamenti autofinanziati da una marea di associazioni per ripetere che il rispetto delle diversità deve passare anche da un percorso antisessista.

E che nessuna persona è libera sinché ce ne sono altre oppresse.

 

A vent’anni dal primo Pride organizzato in Italia (si tenne a Roma nel 1994) dal punto di vista della legislazione nulla è cambiato.

«In realtà le altre nazioni hanno fatto tutte grandi passi in avanti, soltanto il nostro Paese è rimasto fermo» dice il leader Massimo Mele.

 

Le richieste che stanno alla base della manifestazione sono piuttosto note.

I movimenti chiedono: il riconoscimento delle coppie di fatto, il matrimonio tra persone dello stesso sesso, per i transgender la certezza di vedere riconosciuta sulla carta d’identità la propria idea di persona.

Ma non è tutto. Oltre ai principi basilari, gli organizzatori del gay pride chiedono che l'omofobia entri a fare parte dei reati di odio contemplati dalla legge Mancino, una norma che difende altre minoranze tralasciando i diritti omosessuali.

 

Per tutti questi motivi, il 28 giugno le strade di Alghero saranno attraversate da un lungo corteo festante e colorato che camminerà affinché l'Italia possa entrare a far parte di quei paesi che negli ultimi anni hanno riconosciuto i diritti primari alle “minoranze” sessuali.

 

E allora, anche l’unione dei comuni da pochi mesi costituita tra Budoni-S.teodoro-Loiri potrebbe in un futuro prossimo concorrere per l’organizzazione di tale evento che oltre dimostrare la civiltà e il rispetto per le minoranze sociali di qualsiasi tipo esse siano, potrebbe rivelarsi un’opportunità di attrazione turistica (non carnevalesca) importante, ne sa qualcosa la città di Alghero.

Comunque sia l’argomento omofobia, andrebbe a mio avviso affrontato dall’amministrazione e dagli istituti scolastici in maniera seria e con persone qualificate, e ricordiamo che essere gay non è una malattia, lo è invece l’omofobia e da essa si può e si deve guarire.

 "Sì alle differenze. No all’omofobia".